LA MUCCA SORDA

Maria Petitti

“RACCOLTA DI RACCONTI

dell'associazione La stanza Blu"

STORIE INEDITE DI ANIMALI, NATURA, RELAZIONI

 

Maria Petitti

con illustrazioni di Anna Polga

Copertina di Aurelia Zambonin

Editing a cura di Patrizia Casagrande

 

LA MUCCA SORDA

In una piccola stalla, ai piedi di una montagna, vivevano felici alcune mucche con i loro vitellini. Tutti i giorni andavano a pascolare nei prati lì intorno e la sera, quando tramontava il sole, ritornavano alla stalla dove le mamme facevano addormentare i loro figli, cantando insieme una ninna nanna.

Tra loro c'era anche Carolina, la mucca sorda: poverina! Era sorda da quando era piccola, ma non se ne preoccupava molto perché lei pensava di sentirci benissimo. Quando veniva a trovarla la bambina che abitava lì vicino, salutava sempre tutte gridando: "Ciao, sono Marta, come state?" e Carolina rispondeva immancabilmente: "Una sarta? Ho già detto che non ho bisogno di nessun vestito, sono bella così!".

"Ho detto che sono Marta" ripeteva ridendo la bambina. "Della carta? No grazie, mio marito non sa leggere, è inutile che gli scriva!". Marta allora le andava vicino e nell'orecchio le diceva: "Ciao, sono Marta, sono venuta a salutarti". "Ciao, perché non me l'hai detto subito che eri tu? Mi fai sempre gli scherzi, birichina che non sei altro!". E Marta se ne andava divertita ad accarezzare le altre mucche.

 

 

Se arrivava invece la sorellina più piccola e salutava: "Ciao, sono Francesca", lei pronta rispondeva: "Non ho bisogno di erba fresca, sono appena tornata dal pascolo!". Le sue amiche mucche ridevano di gusto, ma le volevano bene perché le faceva sempre divertire.

Una sera, quando cominciava a farsi buio, arrivò alla stalla un signore gobbo, con un sorriso cattivo e delle mani lunghe e ruvide. Si affacciò sulla porta e, con voce che cercava di esser convincente, disse:

"Belle mucche, ho del buon fieno fuori da regalarvi per l'inverno. Venite a vedere!" Le mucche, che avevano sempre paura di morire di fame quando la neve copriva la montagna, uscirono piene di entusiasmo. Solo Carolina prontamente rispose: "Un treno? No, sto bene qui, non voglio andare da nessuna parte" e rimase nella stalla. Appena Mastro Pellaio, così si chiamava il brutto signore, pensò che tutte le mucche fossero uscite, entrò nella penombra, cominciò a legare i vitellini con una catena sghignazzando tra sé:

"He, He! Quante belle borsette farò con la pelle morbida di questi piccini”.

I vitellini si dibattevano e urlavano: "Muu, muu, mamma, mamma, aiuto!"

Carolina, vedendo che suo figlio insieme ai suoi amici era in pericolo, corse verso l'uomo cattivo gridando con quanto fiato aveva in gola: "Lascia stare i nostri vitellini, altrimenti...". Ma Mastro Pellaio non la lasciò nemmeno finire.

Aveva portato con sé, per difendersi dalle mucche se l'inganno del fieno non avesse funzionato, un grosso ferro pesante. Colpi alla testa Carolina con tutta la forza che aveva e la poverina cadde al suolo priva di sensi. L'uomo cattivo allora fece salire su un camion i vitellini che tentavano inutilmente di resistere, agganciando la catena ad un piccolo argano meccanico. Poi partì, senza aspettare un minuto di più.

 

Le altre mucche, soddisfatte per il regalo ricevuto, ritornarono sorridenti alla stalla, ma quando si accorsero che i loro piccoli non c'erano più, cominciarono a piangere e a gridare: “Vitellini, vitellini, dove siete? Venite fuori. Oh, povere noi, come faremo?"

Carolina intanto si era rialzata e, con la testa che le doleva per la grande botta, le fece tacere con un muggito potente. Tutte si voltarono verso di lei con aria stupita: non avevano mai notato quella luce di sfida brillarle negli occhi. Con voce calma, ma dura, disse: "Mastro Pellaio li ha portati via. Li vuole uccidere per fare borsette con la loro pelle. Io vado a cercarli! Chi vuole venire con me, mi segua" e senza guardare in faccia nessuno, uscì dalla stalla. Tutte le altre mucche immediatamente si incamminarono dietro di lei.

Era notte e si vedeva ben poco. Per fortuna in cielo c'era la luna che illuminava un po’ il terreno con la sua luce d'argento. Carolina era sorda, non cieca! E ben presto scoprì le tracce che Mastro Pellaio aveva lasciato sull'erba. Cominciò a seguirle finché giunse alla strada in terra battuta che conduceva lontano. Senza perdersi d'animo, proseguì nell'inseguimento.

Quando ormai camminavano da alcune ore, le altre mucche si lamentarono dicendo: "Siamo senza fiato, fermiamoci un po'!". Ma Carolina subito rispose: "Un prato? Vi sembra adesso l'ora di mangiare quando i nostri piccoli, magari… forza! E state zitte, altrimenti ci scoprono!"

Quando spuntò l'alba cominciarono a passare per la strada alcuni camion e Carolina ebbe paura che qualcuno le notasse ed andasse ad avvisare Mastro Pellaio e poi erano davvero molto stanche. Così decise di nascondersi nel bosco che costeggiava la strada. Certo, non erano molto comode con gli aghi di pino che le pungevano, ma bisognava sapersi accontentare. Dopo poco tutte si addormentarono, aspettando pazienti che ritornasse l'oscurità.

Ripresero il cammino quando scese la sera e la strada era di nuovo deserta. Ormai però le impronte del camion di Mastro Pellaio si erano confuse con tutte le altre e qualche mucca, senza più speranza, disse: "Forse sarebbe meglio rinunciare…".

"Chi vuoi baciare? Il tuo vitellino?" rispose Carolina. "Anch'io, certo. Proseguiamo, forse troveremo qualche altro indizio".

Dopo circa un'ora di cammino, Carolina notò, di fianco alla strada, un grande spazio pieno di impronte. Si avvicinò annusando il terreno e riconobbe subito l'odore inconfondibile lasciato dai loro vitellini. Fece segno allora alle altre mucche di procedere piano piano su un piccolo sentiero che partiva da lì.

Poco dopo, si fermarono tutte all'improvviso, tranne Carolina naturalmente: avevano sentito dei deboli lamenti.

"Presto, andiamo!" si misero a gridare "Sono i nostri figli, liberiamoli!"

"Ferme e zitte." disse subito Carolina "Volete farvi catturare anche voi? Ditemi, che cosa avete sentito?"

"I nostri vitellini!" risposero tutte in coro.

Allora andiamo, forse sono nascosti in quella costruzione che si intravede là in fondo.” Piano piano andarono in quella direzione, ma subito dei cani cominciarono a ringhiare con cattiveria. Le compagne di Carolina si fermarono spaventate, ma lei, che aveva sentito solo un debole borbottio, proseguì con passo sicuro.

Improvvisamente però, si trovò davanti un grosso cane nero: aveva gli occhi rossi e i denti gli brillavano giallastri alla luce della luna. Carolina indietreggiò di qualche passo, ma il pensiero del suo vitellino in pericolo le diede coraggio. Chinò la testa, prese la rincorsa e zac! Infilzò con le sue corna appuntite il cane, che cadde a terra morto stecchito. Gli altri cani, che avevano assistito alla scena, subito si ritirarono nelle loro cucce pieni di paura. Carolina, senza più indugi, si avvicinò alla stalla da cui ora sentiva uscire anche lei pianti e lamenti. "Santo cielo!" si arrabbiò però "la porta è chiusa con il catenaccio".

Prese la rincorsa e provò a gettarvisi contro con tutto il suo peso, ma il portone era veramente robusto. Chiamò a raccolta tutte le altre mucche che si erano nascoste dietro ad alcuni alberi e le convinse, non senza fatica, che il pericolo era cessato. Insieme si buttarono, come una palla di cannone, contro la porta, che questa volta si staccò dal muro con un grande schianto. I vitellini, dapprima impauriti, si misero a gridare di gioia vedendo le loro mamme irrompere con tanta decisione nella loro prigione. Anche il figlio di Carolina disse tra le lacrime: "Mamma, mamma, come ti voglio bene! Che paura ho avuto senza di te!".

All'improvviso però tutto si fece silenzioso: nello spazio lasciato dalla porta caduta era comparso Mastro Pellaio, svegliato dal grande trambusto. Fece un passo avanti con la catena in mano per legare tutte le mucche, ma Carolina, ripresasi dallo spavento, gridò: "Alla carica!!” e si scagliò verso di lui.

Le altre allora ripeterono senza più paura: "Alla carica!!". Mastro Pellaio, vedendosi venire addosso tutte quelle mucche infuriate, cominciò a scappare con quanto fiato aveva in gola. Niente però poteva più fermare tante mamme furiose contro chi gli aveva rubato i figli.

Così lo raggiunsero, lo fecero cadere e lo infilzarono più volte con le loro lunghe corna, lo calpestarono, lo morsicarono persino. Alla fine, di Mastro Pellaio, non rimase che un paio di scarpe nere.

Le mucche, soddisfatte, corsero a liberare i loro piccoli e li accompagnarono sulla via del ritorno. Camminarono per tre giorni, riposandosi spesso per non affaticare i vitellini, finché una sera giunsero finalmente a casa.

Subito gli corsero incontro felici Marta e Francesca, che si erano molto preoccupate per la loro improvvisa scomparsa. E quando chiesero curiose: "Ma si può sapere dove vi eravate cacciate?", la nostra simpatica e coraggiosa Carolina rispose: "Bere delle limonate? No grazie, preferisco un po' di acqua fresca!”.

E tutti scoppiarono in un'allegra risata.

 

 

"Sono i nostri figli, liberiamoli!"

 

 

 

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