La copertina (di Linus). I compagni inseparabili dei nostri bambini.


L’immagine di Linus con la sua copertina credo abbia accompagnato la maggior parte di noi mentre eravamo ragazzi, poi adulti e infine genitori e nonni. I personaggi del fumetto creato da Charles Schulz negli anni ‘50, tra cui Linus, sono buffi, simpatici dispensatori di massime di saggezza.
Linus con la sua inseparabile copertina, che ha attraversato generazioni e continuerà a farlo, ci parla di una parte di noi viva, palpitante, tenera e fragile.


Ma che cosa è l’inseparabile copertina del personaggio di Shulz? Linus la definisce uno strumento “di sicurezza”, un oggetto preferito e insostituibile che dà coraggio, consola, tiene compagnia, lenisce le paure.
I genitori comprendono di solito intuitivamente l’importanza di quel brandello di copertina, dell’orsacchiotto spelacchiato, dell’orlo del lenzuolino o di altri oggetti scelti dal bambino in un certo periodo della sua vita e dai quali non si separa volentieri. Sono gli insostituibili compagni soprattutto nel momento del sonno, del distacco dalla mamma, che hanno un potere calmante e ai quali il bambino fa ricorso per rilassarsi e addormentarsi. Non si tratta mai di uno dei più moderni giochi tanto pubblicizzati e costosi, piuttosto qualcosa che, all’occhio dell’adulto, appare spesso insignificante. E che è anche a volte sporco, perché viene portato ovunque, e, con grande disappunto dei genitori preoccupati dai probabili germi, a volte succhiato o comunque tenuto vicino alla bocca. Sono oggetti, per lo più morbidi, che entrano a far parte del corredo del bambino e gli stanno vicini quando succhia al seno, quando è cullato dalle braccia della mamma, assorbendo gli odori sia della mamma sia del bambino stesso. Diventa così una rassicurante presenza perché ricrea intorno al bambino un ambiente ben conosciuto, testimone delle cure amorevoli della sua famiglia. Queste funzioni continuano ad essere svolte anche quando il bambino cresce e partecipano a questo delicato e meraviglioso processo. Così come il pollice permette al bambino di rassicurarsi nei momenti in cui vorrebbe il latte e la vicinanza della mamma, anche l'orsetto o la copertina permettono al bambino di tollerare la solitudine e l'attesa.
D. W. Winnicott, pediatra e psicoanalista, ha chiamato questi compagni “oggetti transizionali”. Winnicott è stato uno psicoanalista davvero speciale perché è arrivato alla psicoanalisi partendo dalla pediatria, cioè dopo aver incontrato nel suo ambulatorio centinaia di mamme con i loro bambini. Quindi sui bambini la sapeva sicuramente lunga. Possiamo perciò stare tranquilli vista la concordanza tra l'intuito innato dei genitori e il pensiero di uno studioso di così profonda esperienza. Cosa ci dice Winnicott sull'oggetto transizionale? Molte cose, però qui possiamo limitarci a ricordare che il bambino sembra collocarlo in una zona intermedia tra se stesso e la madre, nel momento in cui inizia la differenziazione. Questo oggetto non fa più parte del corpo del bambino ma nello stesso tempo non è completamente riconosciuto come realtà esterna. La sua comparsa testimonia l’inizio della capacità del bambino di accettare di venire a patti con l’illusione di essere il creatore di tutto ciò di cui ha bisogno, ad accettare quindi l’attesa, la frustrazione e, infine, sperimentare la gratitudine. Processo che non si risolve certo nei primi anni, ma che ci impegna come esseri umani tutta la vita.
Quindi, mamme e papà, trattiamo con rispetto e attenzione l’oggetto transizionale di nostro figlio, non cerchiamo di imporre la nostra scelta, perché quella del bambino non è guidata dall’estetica o dalla funzione, ma da un istinto che a volte per noi è sconosciuto. Ricordiamo che possedere un oggetto con queste caratteristiche non solo non è un problema ma, anzi, può essere una valida risorsa nell’arduo compito di crescere. Lasciamo che il nostro bambino dorma con il suo orsetto, accettando qualche deroga all’igiene, permettendo che lo accompagni nei primi giorni al nido, lasciando poi alle educatrici decidere in base alla loro esperienza quando potrà lasciarlo. E se invece il bambino non ha un oggetto transizionale non preoccupiamoci, non cerchiamo di imporne la presenza.
Forse, a questo punto, abbiamo intuito che questa zona di mezzo è un territorio dove si incrociano il gioco, la fantasia e la condivisione degli stessi, dove prendono vita i misteriosi fenomeni dell’immaginazione creativa della nostra mente.

 

Quando la copertina diventa opera d’arte
Riflettendo sull'oggetto transizionale e sui suoi nessi con la creatività, vorrei raccontare di alcune "copertine" che mi hanno molto colpita, quelle create dall'artista Sean Scully ed esposte nella mostra che Villa Panza ha ospitato fino al 6 gennaio 2020.
https://www.fondoambiente.it/long-light-sean-scully-a-villa-panza
Scully, nato in Irlanda nel 1945, a 4 anni emigra con la sua famiglia in Inghilterra. Sarà questa esperienza, il viaggio in nave, al freddo, in cui la madre cerca di scaldarlo avvolgendolo in una copertina, a ispirare la serie di opere presenti a Villa Panza denominate Passenger Line. Pensando all’oggetto transizionale possiamo immaginare (anche se è solo una supposizione) come quella copertina possa essere stata un vero e proprio conforto, in un momento forse carico di paure e, probabilmente, anche difficile per la sua famiglia. Possiamo immaginare il clima di nostalgia, di preoccupazione per il futuro, unito magari alla speranza per il futuro in cui erano immersi. Del piccolo Sean, avvolto nella calda copertina della mamma, oggi sopravvive sicuramente la forza dell’immaginazione e della capacità creativa, che gli ha permesso di diventare un importante artista. Quella forza che tutti possediamo, anche se non siamo artisti, che ci permette di guardare alla vita e al mondo con sguardo nostro, di trovare le nostre soluzioni, e di godere di tutte le forme artistiche che altri hanno espresso.

Sabina Dal Pra' Nielsen